I suoi respiri, uno dietro l’altro,
facevano fiorire l’aria. I gelsomini profumavano, le rose erano più rosse. Le
foglie gialle d’autunno sembravano un sole.
I suoi respiri fiorivano di immagini, le idee prendevano
corpo volteggiando leggere. Le vedevi comparire dapprima come singole goccioline
poi, una con l’altra, si univano e formavano un’idea più grande. Una parola,
una frase intera.
I suoi respiri erano parole d’amore soffiate attraverso le
labbra, litigi che ruggivano tra le zanne, discussioni pacatamente soffiate
via. Dal respiro successivo.
Nel frattempo, di lontano, si vedeva un gran polverone. E un
respiro. Nel polverone c’era il futuro (un respiro) che arrivava veloce, al
galoppo. Un respiro.
Eccolo il futuro.
E i respiri, infine, sostituiti da un bell’algoritmo.
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