mercoledì 2 marzo 2011

La scuola è il posto più bello

Uno spettro si aggira per le case: i compiti del fine settimana. Oltre al Papa, allo Tzar, a Metternich e Guizot, anche le maestre sembrano avercela con questi poveri pargoli. Sembra godano a impedir loro un fine settimana rilassante, una due giorni in barca sul lago o alla beauty farm.
Perché sì, di questo si lamentano i grandi: "troppi compiti e ci tocca restare in casa a farglieli fare. Addio weekend".
Ascoltavo alla radio, qualche giorno fa, Paola Mastrocola che parlava di scuola e, tra tante cose con le quali ero in disaccordo, mi piaceva molto come sottolineasse il fatto che proprio noi adulti, prima ancora che i ragazzi, abbiamo perso il senso delle finalità della scuola.
La fatica di studiare, sì, di farsi un'educazione. Perché sembra essere passata l'idea, continuava Mastrocola, che l'unico ascensore sociale in Italia non sia più quello messo in moto dall'educazione ma quello dell'ereditarietà: se sei figlio della persona giusta, se esci da una famiglia che può darti "un aiutino", non aver paura: non hai bisogno di studiare, te la caverai sempre.
E allora goditi il tuo weekend, al mare, sul lago, al luna park. Con babbino e mammina. Invece di studiare, che è tanto faticoso.

Credo nella scuola. Laica, pubblica e libera. I pochi anni dell'università sono stati per me l'idea di una porta che si apriva sul futuro. Un'idea che ho ancora oggi.
Così noi passiamo buona parte dei nostri fine settimana in casa per far sì che la donna grande (l'uomo piccolo è ancora in seconda e ha carichi quasi insignificanti...) faccia quello che deve. Non per punizione, non per noi e (quasi) nemmeno per un qualche motivo superiore.
La scuola è conoscenza, mica competizione. Non è lavoro. E' sapere.
Che lo spettro spaventi ancora. E tanto.
Vuol dire che esiste.

13 commenti:

  1. non ho figli ma il futuro è di tutti e quello che si prospetta non è quello che vorrei, quindi scuola pubblica, laica, libera sempre!

    non sono su faccialibro, ma ho sottoscritto l'appello di Concita De Gregorio e de L'Unità per la scuola pubblica

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  2. allora, posto che sai quanto sia d'accordo con te su tutto quello che scrivi in questo post, posso dissentire però sulla questione dei compiti? mi spiego meglio. sono andata per tutta la vita in una scuola pubblica a tempo pieno: non andavamo a scuola il sabato (elementari, medie, liceo). Per fare questo nessun insegnante - e sottolineo nessuno, neppure i più beceri (e statisticamente ci sono stati pure loro) - ci ha mai conteggiato il sabato libero come giorno in più per i compiti. Alle elementari e alle medie si pensava che il tempo che passavano a scuola (tutti i giorni fino alle cinque meno un quarto tranne, alla francese, il mercoledì) dovesse metterci in grado di finire i compiti non solo per il giorno dopo, ma anche di portarci avanti. Ed era vero: chi si portava a casa le lezioni a scuola non aveva fatto una beata minchia. Ma proprio beata, eh, perché volendo c'era il tempo di fare tutto, tranquillamente, e pure di goderci, col bel tempo, un'uscita extra in giardino. Al liceo si pensava che ci 'pagavamo' il lusso del sabato libero facendo una svalangata di ore in cinque giorni, durante i quali ci bersagliavano di compiti, interrogazioni e tutte cose (non sempre, anzi, quasi mai, con possibilità di farle programmate). Proprio per questo il sabato e la domenica servivano, dovevano servire anche per svagarci, e il quantitativo di compiti era uguale a quello di un normale giovedì. I genitori dei miei compagni sono stati, negli anni, di famiglie assai diverse. Ma nessuno aveva aspirazioni da beauty farm, e in genere avevano una grande stima per la scuola. Però il fine settimana era sacro: e non per andare in vacanza, ma magari per fare qualcosa insieme in città, un modo diverso di condividere cultura e cultura familiare (andare al cinema, a qualche attività buffa, oppure viversi le prime grandi volte a dormire a casa di un compagno senza l'incubo, per tutti ma in specie per la famiglia ospitante, dei compiti da fare, o magari vedere il padre separato). E ricordo che questa era una cosa che la direttrice e poi la preside della mia scuola teorizzava sempre: se si fa il proprio dovere, il fine settimana serve, deve servire per riposarsi e riposare. Io la quantità di compiti data il venerdì che vedo anche nelle mie nipoti non la capisco e, francamente, quando guardo queste che non riesco a non considerare aberrazioni (specie alle elementari, poi!) non riesco a non pensare che chi delega così tanto, per due giorni, ai genitori a casa non ha ancora ben capito il significato delle parole "didattica" e "insegnare".

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  3. @'povna: alle elementari escono, nella scuola dove siamo, tutti i giorni alle 16.30: ecco non credo ci sia spazio per fare alcunché, dopo che sono stati in classe per così tante ore. Credo anche che non possano, a scuola, studiare o svolgere "lavori" che hanno bisogno di un tempo più disteso, di concentrazione, di studio. Quindi trovo giusto che anche i genitori passino un po' del loro tempo coi figli che fanno compiti, per seguirli, per vedere, per stare con loro anche in questo genere di impegno. Credo.
    Io invece penso sinceramente che, in questi ultimi anni, la società italiana si sia molto beautyfarmizzata, se non nella pratica comunque in una certa sostanza ideologica. Sappiamo (forse) perché. Spesso i compiti sono visti come l'intralcio alla libertà (familiare) del fine settimana che è sacrosanta, certo (e nessuno di noi muore schiacciato di compiti, men che meno i bambini), ma che per la mia esperienza è perfettamente gestibile. Ho caricato un po' con l'ironia, ma ti assicuro che i nostri fine settimana hanno spazio per studio e per svago. Basta organizzarsi. Certo, non sono in grado di discutere del metodo didattico. Tu sei sicuramente titolata, io no. :) Ma continua a darmi fastidio questa idea che debbano essere le famiglie a "decidere" come impostare la didattica. Il ritornello è sempre il solito: "eh, ma quanti compiti". Sarà l'insegnante a decidere. O no?

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  4. Vuoi la verità? Non lo so. O meglio, certo che deve essere l'insegnante a decidere. Ma so che credo che alle elementari dopo essere stati a scuola fino alle 16.45 (o 16.30, nel tuo caso) non dovrebbe esserci necessità di fare a casa niente, e, ribadisco, niente più che un ripasso (ma ripasso vero). A prescindere da quello che ne pensano i genitori. Anche noi non studiavamo usciti da scuola, chiaro, i compiti li facevamo nel pomeriggio a scuola! C'è anche un'altra cosa. Anzi, due. Una diciamo che è più comportamentista. Da un lato, credo che proprio perché i ragazzi sono stati a scuola così tante ore, nel fine settimana debbano appunto fare altro, ma altro altro (anche discutere col babbo sulla PS3, perché no?! ;-) ), e non i compiti a casa (e se ci riuscivano le nostre maestre, a insegnarci per benino quelle quattro, o cinque o dieci cose fatte per bene alle elementari, senza bisogno di compiti del fine settimana, non vedo perché non ci debbano riuscire quelle di ora - anche se qualcuno vecchio stile ancora c'è, per fortuna: la mia amica Nike a scuola li 'massacra' ma non dà mai molto, se non quasi niente, per casa). L'altra riguarda proprio la questione della scuola pubblica, laica e non classista, e l'ho sentita dire per la prima volta dalla mia, di maestra, che era conservatrice e di destra, ma destra seria. "Proprio perché io non ho la garanzia che tutte le famiglie a casa siano uguali" - diceva - "io devo fare in modo che i miei alunni, visto che stanno a scuola otto ore al giorno, abbiano gli strumenti ma anche la possibilità di fare i compiti e le lezioni a scuola, dove tutti hanno pari opportunità, e non a casa, dando per scontato che ci siano genitori che sono in grado di seguirli, mentre io non so quali situazioni ci siano, e a quali sperequazioni li mando incontro, se chiedo loro di essere seguiti dai genitori, e devo tutelare anche l'oggettiva impossibilità da parte delle famiglie, per svariati motivi, di seguirli, senza umiliarli". Ecco, io credo che sia molto vero. E quindi, pace se così vado incontro ai genitori "beauty-farm": se un fascista dice che piove, e piove, piove. E a me, se vedo nipoti e figli degli amici, pare che sul fine settimana delle elementari piovano ingiustificati compiti come polpette... :-)

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  5. @'povna: quotando questo pezzo "(e se ci riuscivano le nostre maestre, a insegnarci per benino quelle quattro, o cinque o dieci cose fatte per bene alle elementari, senza bisogno di compiti del fine settimana, non vedo perché non ci debbano riuscire quelle di ora - anche se qualcuno vecchio stile ancora c'è, per fortuna: la mia amica Nike a scuola li 'massacra' ma non dà mai molto, se non quasi niente, per casa)" mi viene anche da pensare che oggi alle elementari fanno molte ma molte più cose di quelle che ho fatto io alla mia epoca (che non è il pleistocenico, eh!). Poi sono anche d'accordo con la tua insegnante di destra che infatti, se posso semplificare, diceva cose molto "di sinistra", di uguaglianza e condivisione. By the way, sarà che sono un vecchio dinosauro ma ho molto rispetto per il "lavoro", in questo caso lo "studio", e per il valore educativo che dà. Magari è solo una profezia che si autoavvera ma credo che renda il senso di un impegno e di certe regole. Anche quelle dei bambini di nove anni.

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  6. @oipaz: spenderemmo una cifra, di telefono. :)

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  7. no no, io ho il flat tutto incluso per le interurbane! ;-) (però amo scrivere in maniera sconsiderata!)
    ps. da domani e per due mesi circa il giovedì sera sarò sempre dalle vostre parti, domani arriverò massacrata e con le forze a stento per arrivare al letto (cit. narratario, però dal prossimo giovedì, se vi va, organizziamo something!)

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  8. ps. nel merito: non so, la tua esperienza è senza dubbio molto più continuata della mia. i miei sono solo racconti di riflesso di nipoti, figli di amici, colleghe (in realtà soprattutto collega) maestre. ma la mia impressione è che mediamente si facciano sì più cose, ma del tutto, lo dico con lo spannometro, 'inutili'. Voglio dire, partiamo dal presupposto (eccezioni a parte - ma non si lavora sulle eccezioni, quelle si riconoscono e si pensa a loro quando si trovano) che nessun bambino dice cose davvero "originali, piene da fantasia". Semplicemente, non ne ha gli strumenti. Pensa cose originali, intuisce cose originali. Esprimerle in italiano è un'altra cosa. E qui secondo me la scuola primaria deve dare degli strumenti di base, alfabeti di arricchimento del linguaggio. Quindi io sono molto arcaica in questo: grammatica, grammatica, grammatica. Ortografia, ortografia, ortografia, lessico, lessico, lessico. Votacci, votacci, votacci in caso contrario (noi perdevamo il massimo dei voti anche se avevamo fatto una correzione, e non potevamo fare la brutta - è stato un incubo, ma ti assicuro che l'ortografia l'ho imparata per sempre!). E nessuna narratologia, per carità, ché già fanno fatica a capirla per bene alle superiori, figuriamoci alle elementari. Però mi rendo conto che vado contro tutti i trend della psico-pedagogia (e infatti Nike, figlia di maestra e tradizionalissima, pur molto giovane, è criticatissima dai colleghi 'all'avanguardia' - poi i suoi alunni alle medie vanno tutti bene in italiano scritto, ma questo è un altro paio di maniche!). Eppure, che ti devo dire? per la focalizzazione esterna ridotta arriverà il tempo giusto, mentre per mandare in circolo l'ortografia e la grammatica e un vocabolario di più di 200 parole come fosse il respiro c'è un tempo solo, ed è quello delle elementari (quello cioè in cui maggiormente puoi fare coincidere, nello scritto, forma e sostanza, anche perché nel caso il contentino di sostanza, dopo la terza, glielo puoi dare all'orale e ad altre forme di espressione). Poi, boh, probabilmente ciascuno di noi è figlio di un metodo scolastico, volente o nolente. Il mio aveva molte pecche ideologiche, ma indubbiamente dal punto di vista didattico era buono, e io alla fine mi accorgo che non solo me lo tengo stretto, ma lo imito per quanto posso...

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  9. Secondo me, avete ragione un po' tutti e due. E' vero che, soprattutto alle elementari, otto ore di scuola dovrebbero essere più che sufficienti, anche se è indubbiamente vero che i bambini fanno molto di più di quello che facevamo noi - ci sono più stimoli, e spesso vengono colti: anche questo è bene. E' bene anche che una parte del lavoro -anche alle elementari- sia individuale. Serve anche ai bambini piccoli ritagliarsi dei tempi autonomi, per leggere da soli, scrivere da soli, imparare, piano piano, a studiare.
    E' dopo che secondo me si perde il senso delle proporzioni.
    Io sto cominciando a pensare che se dalle medie in poi si richiedono ai bambini e poi ai ragazzi diverse/molte ore di studio al giorno (una mia collega ieri ai genitori diceva sei sette...) tenendo conto che ne passano cinque a scuola, c'è qualcosa che non va. Anche senza beauty farm, quale adulto riesce ad essere produttivo per 11-12 ore al giorno, week end compresi? Se le richieste sono sempre così alte, è chiaro che prima o poi c'è una risposta negativa.
    Io in periodi come questo tengo il ritmo a fatica, ed ho un certo allenamento.
    Mia figlia ora è nella stanza accanto che finisce i compiti per domani. Ma domani a scuola sarà uno straccio.

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  10. Ah. Passiamo tutti i week end a fare i compiti, ovviamente. Io e loro.

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  11. @povna oggi anche per noi sarebbe stato un casino, ho questa benedetta lezione di cucina senza glutine che mi sta mandando nei matti, ma dalla prochaine semaine possiamo considerarlo quasi un appuntamento fisso
    ... indovina chi viene a cena? la povna ;-)
    la silvia sarà contentissima

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  12. @lagaiaceliaca: sono contenti anche gli altri, eh! E, poi, chi sarebbe 'sta Silvia?!?! "I giovedì della 'povna": suona benissimo, effettivamente! :-)

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